LE INVENZIONI DEI RICERCATORI

Le università italiane ottengono da sempre lodi sulla scena internazionale, da parte di agenzie di rating oltre che informalmente tra gli addetti ai lavori, per la qualità della sua ricerca, come mostrato dal numero e dal valore delle pubblicazioni scientifiche che vengono prodotte dai loro ricercatori, oltre che per la qualità della didattica, che si rispecchia nella competenza e nel successo dei suoi alumni e alumnae.

Storia delle invenzioni dei dipendenti universitari

In passato questo ambiente era stato visto, in particolare dal legislatore, come inadeguato allo sfruttamento commerciale delle conoscenze sviluppate, in quanto ritenuta un’istituzione unicamente volta alla ricerca.

In questo quadro va a inserirsi la norma giuridica relativa allo sfruttamento delle idee, e in particolare delle domande di brevetto che le tutelano, sviluppate dai dipendenti dell’università e dai ricercatori. Il cosiddetto professor’s privilege era stato introdotto con la riforma del codice della proprietà intellettuale della legge n. 383 del 18 ottobre 2001, e prevedeva che, diversamente da quanto accadeva al di fuori di università e centri di ricerca, il ricercatore fosse titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione di cui era autore. Questo differiva in maniera rilevante rispetto a quanto accadeva al di fuori dei centri di ricerca, dove, salvo eccezioni, il titolare dei diritti derivanti dall’invenzione di un dipendente è l’azienda per la quale l’inventore lavora. Unica eccezione era nel caso delle ricerche finanziate, anche parzialmente, da enti privati, nel qual caso i diritti sarebbero stati ottenuti dal privato finanziatore.

Questa situazione, se da un lato rendeva i ricercatori liberi di sfruttare la propria invenzione, inseriva implicitamente una barriera di ingresso rilevante, in quanto, prima di poter sfruttare commercialmente un’invenzione, è necessario proteggerla, mediante il deposito di domande di brevetto, di registrazione di marchi, o di registrazione di design. Queste procedure comportano dei costi, che non sempre erano affrontabili in autonomia dai ricercatori, oltre a richiedere procedure delicate da portarsi avanti con l’aiuto di consulenti specializzati. Entrambe queste necessità hanno contribuito a dissuadere un elevato numero di ricercatori dal tutelare, e di conseguenza sfruttare commercialmente le proprie idee.

Con l’introduzione della riforma del codice della proprietà industriale contenuta nella legge 102 del luglio 2023 è stato radicalmente modificata la legislazione relativa alle invenzioni sviluppate dai dipendenti universitari, di fatto abolendo il professor’s privilege. In particolare infatti nella nuova formulazione, i diritti derivanti dalle invenzioni dei dipendenti dell’università spettano ora all’università stessa, come si evince chiaramente dal testo del nuovo art. 65 del Codice della Proprietà Industriale (c.p.i.). Questo cambiamento, oltre a eliminare una discrepanza legislativa, ha lo scopo di incrementare il numero di domande di brevetto strategiche depositate dagli enti di ricerca, prevenendo il rischio di invenzioni non brevettate a causa della scarsa sensibilità o della scarsa possibilità e propensione all’investimento dei ricercatori, di conseguenza auspicando un miglioramento nello sfruttamento commerciale delle invenzioni dei ricercatori. A oltre un anno e mezzo dall’entrata in vigore della legge non si vedono però gli sperati incrementi nel numero di domande di brevetto depositate dalle università e dai centri di ricerca, forse a causa delle maggiori complicazioni burocratiche legate alla brevettazione da parte degli istituti, e ai meccanismi ancora da consolidare.

L’art. 65 c.p.i. in breve

Il comma 1 dell’art. 65 c.p.i. riporta la fondamentale modifica effettuata dal legislatore, e infatti sancisce che, quando l’invenzione viene realizzata nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro con l’università, quest’ultima è la titolare dei diritti patrimoniali derivanti dall’invenzione. In particolare quindi le invenzioni di tutti i dipendenti delle università, siano essi ricercatori, tecnici di laboratorio, assegnisti, o studenti, sono di proprietà dell’ente per il quale lavorano.

La procedura da seguire prevede i seguenti passi (scanditi nei commi 2 e 3 dell’art. 65):

  • L’inventore deve comunicare la propria invenzione alla struttura di appartenenza, in particolare generalmente all’ufficio per il trasferimento tecnologico (UTT), che si occupa della valutazione dell’idea stessa,
  • La struttura, entro 6 mesi (prorogabili di altri 3 mesi) dalla comunicazione, provvede alla tutela dell’invenzione. Qualora la struttura non provveda alla tutela, oppure comunichi all’inventore di non voler provvedere alla stessa, il ricercatore è libero di procedere autonomamente,
  • Durante questo periodo gli inventori sono comunque tenuti alla riservatezza su tutto quanto concerne l’invenzione.

Restano da definire, mediante contratti stipulati ad hoc:

  • l’applicazione dello stesso agli studenti dei corsi di laurea, anche se in quasi tutte le università questi sono considerati alla stregua dei ricercatori,
  • i compensi per gli inventori,
  • i rapporti con gli eventuali finanziatori.

Gli uffici di trasferimento tecnologico (UTT)

Acquisiscono in questo contesto una fondamentale importanza gli UTT. Queste sono strutture interne all’università, che solitamente impiegano ex ricercatori o comunque ex studenti, che sono incaricati di valutare la bontà, oltre che il possibile ritorno economico delle invenzioni che vengono presentate dai ricercatori, al fine di proteggere le più promettenti, allocando al meglio il budget che l’università mette a disposizione. Scopo degli UTT è quello di fornire opinioni tecniche alle commissioni interne all’università che hanno poi il potere decisionale riguardo alla materia della protezione delle invenzioni.

Al fine di effettuare questa valutazione è generalmente accettato che gli UTT possano avvalersi della collaborazione di esperti esterni, ad esempio di consulenti brevettuali al fine di valutare la brevettabilità dell’idea, o di consulenti tecnico/economici al fine di valutarne il potenziale economico.

Successivamente l’UTT agisce da tramite tra l’inventore e i consulenti esterni, al fine di facilitare le procedure di protezione dell’invenzione. Questo avviene anche nel caso in cui l’invenzione possa essere meglio protetta mediante la secretazione, e il mantenimento del know-how, piuttosto che mediante il deposito di una privativa.

Compito dell’UTT è anche quello di consigliare i consigli d’amministrazione la strategia di protezione, in particolare in quali paesi sia utile estendere la protezione, oltre al mantenimento in vita dei titoli ottenuti mediante il pagamento delle tasse.

Il caso della ricerca finanziata

Al comma 5 dell’art. 65 c.p.i. viene trattato il caso della ricerca finanziata, almeno parzialmente, da enti privati. In questo caso ci si richiama agli stessi principi che erano stati tenuti in considerazione nel caso della formulazione precedente dell’articolo, e cioè che l’interesse principale (ancorchè non esclusivo) dell’Università è quello di pubblicare e disseminare le proprie scoperte, mentre quello degli enti privati sia quello di valorizzare rapidamente l’invenzione dal punto di vista industriale e commerciale.

In questo caso ampia discrezione viene lasciata alle parti, che devono definire in anticipo, mediante un contratto, che viene delineato dalle linee guida emanate dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.

In particolare il contratto deve definire esplicitamente almeno i seguenti punti:

  • titolarità dell’invenzione, che in particolare può spettare all’Ente di ricerca (e in questo caso si fa esplicita menzione a contratti di licenza che permettano all’ente finanziatore di sfruttare commercialmente l’invenzione), all’ente finanziatore, o può essere in contitolarità tra i due enti,
  • modalità di sfruttamento dell’invenzione, in particolare è necessario bilanciare le esigenze di pubblicazione dell’Università, con le esigenze di tutela dell’ente finanziatore,
  • ripartizione di oneri economici, e di godimento dei proventi derivanti dallo sfruttamento dell’invenzione.

Solitamente questi contratti vengono redatti, per conto delle Università, dagli UTT, sotto la guida delle commissioni interne per la proprietà industriale, e degli uffici legali interni.

Conclusioni

A seguito di queste modifiche alla legislazione, le università hanno acquisito il diritto sulle invenzioni dei propri dipendenti, con i conseguenti oneri ed onori. Risulta di conseguenza importante il lavoro degli UTT e delle commissioni dedicate al fine di ottimizzare le risorse per la gestione delle invenzioni, per la selezione delle migliori forme di protezione. Un occhio vigile deve in particolare essere dedicato alla ricerca finanziata da enti terzi, che deve essere disciplinata in anticipo in maniera accurata.

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