SCOMMETTIAMO CHE … LA PUBBLICITÀ NON È LA SOLA A PROVARE L’USO DEL MARCHIO?
Durante il procedimento concluso in favore della società IGT Germany Gaming GMBH, rappresenta dalla Barzanò e Zanardo S.p.a., è stato fatto notare come – ai fini della prova di cui all’art 178, comma 4 del c.p.i. – sia necessaria una valutazione che tenga conto delle eventuali restrizioni previste in materia di pubblicità.
La disciplina relativa alla pubblicità del giuoco d’azzardo è stata oggetto negli anni di ripetuti interventi da parte del legislatore. Da ultimo, è stato previsto all’interno del Decreto-legge n. 87 del 2018 (poi convertito nella legge 9 agosto 2018, n. 96) il divieto assoluto di effettuare qualunque forma di pubblicità, diretta o indiretta, volta a promuovere giochi o scommesse con vincite in denaro. Tuttavia, già prima di tale provvedimento la normativa in materia risultava fortemente limitante per le aziende del settore.
Pertanto, l’Esaminatrice – concordemente a quanto fatto notare dall’opponente nella relativa memoria – ha ritenuto di dover tener conto dell’assetto normativo nazionale in tema di pubblicità del giuoco d’azzardo, in riferimento alla prova d’uso del marchio anteriore denominativo “SPHINX” registrato per contraddistinguere prodotti e servizi rientranti in suddetta attività.
L’articolo 178, comma 4, c.p.i. prevede la facoltà per il richiedente di domandare all’opponente la prova dell’utilizzo del marchio anteriore su cui si basa il procedimento, qualora questo sia registrato da almeno cinque. In particolare, la dimostrazione in esame deve riferirsi all’utilizzo del marchio in relazione ai prodotti e servizi su cui si fonda l’opposizione.
L’opponente, pertanto, è tenuto a fornire “documenti idonei a provare che tale marchio è stato oggetto di uso effettivo – nel corso cinque anni precedenti alla data di deposito o priorità del marchio per cui richiede il rigetto – da parte sua o con il suo consenso, per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato e sui quali si fonda l’opposizione”, ovvero “che vi siano i motivi legittimi per la mancata utilizzazione”. In caso di assenza della prova in questione, l’opposizione viene, quindi, respinta limitatamente ai prodotti e servizi posti a fondamento della contestazione per i quali non si è dimostrato l’uso del marchio.
Inoltre, in relazione alla prova d’uso, l’articolo 53 del D.M. n.33/ 2010, comma 4 precisa che questa “deve riguardare il luogo, il tempo, la estensione e la natura dell’uso che è stato fatto del marchio anteriore”, e possa “consistere nella presentazione di documenti e campioni di imballaggi, etichette listini dei prezzi, cataloghi, fatture, documenti di spedizione o esportazioni, fotografie, inserzioni sui giornali e dichiarazioni scritte e mezzi similari”.
In considerazione di dette disposizioni, l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi ha ritenuto sufficientemente provata l’utilizzazione – con riferimento ai prodotti riportati nelle classi 9 e 28 – del marchio denominativo “SPHINX” da parte della società IGT Germany Gaming GMBH, sulla base di fatture, schede illustrative, pubblicazioni in riviste del settore e video di terzi messi a disposizione online, risalenti al periodo in esame. Nella decisione, dunque, si tiene opportunatamente in considerazione l’impossibilità di provare l’effettivo uso del marchio nel settore del gioco d’azzardo attraverso un tipico mezzo di prova, quale gli investimenti pubblicitari e la pubblicità stessa.
Di conseguenza, si deve ritenere che il divieto di cui alla Legge n. 96 del 2018, nonché ogni altra forma di restrizione in materia – seppur non possa configurare, ipso facto, un motivo legittimo di mancata utilizzazione del marchio – debba essere preso in considerazione nella valutazione delle prove d’uso di un marchio che contraddistingue prodotti e servizi rientranti nel suddetto divieto.
Difatti, detta osservazione non esenta l’opponente dall’onere di dimostrare l’utilizzazione del proprio marchio, bensì attenua fortemente l’esigenza di provare che i prodotti e servizi da esso contraddistinti siano stati portati a conoscenza di una vasta platea di consumatori attraverso i comuni mezzi pubblicitari.
Nel procedimento in questione, la società IGT Germany Gaming GMBH si opponeva alla domanda di registrazione della società ADP Gauselman GMBH per il marchio denominativo “Sphinx”, in Italia, per le classi merceologiche n. 9 e 28. Nello specifico, la società IGT Germany Gaming GMBH, asseriva un rischio di confusione – ex art. 12, comma 1 lett. d) del c.p.i. – con i propri titoli anteriori rappresentati dal marchio denominativo “SPHINX”, tutelato per le classi 9, 28 e 41.
Di seguito, il confronto tra i marchi ed i rispettivi prodotti e servizi:
La Divisione Opposizione, nel rammentare che l’articolo 12, comma 1, lettera d), CPI, in base al quale non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni che, alla data del deposito della domanda, “siano identici o simili ad un marchio già da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato, in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorità o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza fra i segni e dell’identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni”, ha accertato la presenza del rischio di confusione.
L’Esaminatrice ha ritenuto che i due marchi a confronto fossero identici, in quanto entrambi marchi denominativi costituiti dalla parola “SPHINX”, di sei lettere, composti dalle due sillabe “SPHI-NX” e con il medesimo profilo concettuale (“SPHINX” è una parola di lingua anglosassone o francese, facilmente conoscibile dal consumatore italiano nel significato di “sfinge”).
Nel confronto merceologico, l’Ufficio ha rilevato un’identità ed affinità in relazione ai prodotti di cui alle classi n. 9 e 28.
Infine, nell’ambito della valutazione relativa al pubblico di riferimento – coerentemente a quanto stabilito dalla pregressa giurisprudenza – l’Ufficio ha preso in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti/servizi interessata normalmente informato e ragionevolmente avveduto e attento, tenendo conto del fatto che il livello di attenzione di questi varia a seconda della categoria di prodotti/servizi a cui ci si riferisce. Ciò detto, l’Esaminatrice ha ritenuto di dover prendere in considerazione due gruppi di consumatori; sia il “grande pubblico” che un (minore) pubblico specializzato, dotato di specifiche conoscenze professionali. In riferimento a tali gruppi ha, infine, reputato fondato il rischio di confusione, sottolineando come – ai fini dell’applicabilità dell’art.12 c.p.i. – sia sufficiente la prospettazione del rischio con riferimento ad almeno uno di questi, e non necessariamente ad entrambi.
Pertanto, alla luce delle considerazioni esposte, l’Ufficio italiano Brevetti e Marchi ha ritenuto sussistere il rischio di confusione/associazione da parte del pubblico di riferimento ai sensi dell’art.12, comma 1, lett. d) del c.p.i., ed ha – quindi – accolto l’opposizione presentata, e respinto la domanda di registrazione nazionale n. 302017000105542, riconoscendo l’uso effettivo del marchio anteriore “SPHINX” in relazione ai prodotti di cui alle classi n. 9 e 28.