La categoria dei marchi storici di interesse nazionale è stata introdotta nel Codice della proprietà industriale (decreto legislativo n. 30/2005) dall’articolo 31, c. 1, lett a) del decreto-legge n. 34/2019 (“decreto Crescita”), convertito con modificazioni dalla legge n. 58/2019.
Il decreto del MISE, che dà attuazione all’art. 31, c. 1, lettere a) e b) del decreto Crescita, stabilisce che l’istanza per l’iscrizione nel registro deve contenere:
- i dati anagrafici del richiedente;
- la qualifica dell’istante, precisando se si tratta del titolare del marchio o del licenziatario esclusivo;
- nel caso di marchio registrato, gli estremi della prima registrazione e dei rinnovi successivi;
- nel caso di marchio non registrato, la documentazione necessaria a dimostrare il suo uso effettivo e continuativo per almeno cinquanta anni;
- una dichiarazione sostitutiva da cui risulti che il marchio di cui si richiede l’iscrizione nel registro speciale è utilizzato per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati da un’impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale.
L’esame delle istanze di iscrizione al registro deve concludersi entro 60 giorni nel caso di marchio registrato o entro 180 giorni nel caso di marchio non registrato.
L’iscrizione al registro ha una durata illimitata e non è soggetta a rinnovo, conferisce inoltre la facoltà di utilizzare, per finalità commerciali e promozionali, il logo “Marchio storico di interesse nazionale” che non costituisce un nuovo titolo di proprietà industriale.
Il logo può essere affiancato al marchio iscritto nel registro speciale solo con riferimento ai prodotti cui si riferisce il medesimo marchio.
I vantaggi della registrazione del “marchio storico” sono:
- l’uso del logo sopra riportato sui prodotti “storici” italiani;
- la possibilità per le imprese titolari del marchio storico registrato di usufruire delle risorse del “Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale” per intervenire in caso di:
- chiusura del sito produttivo di origine o di cessazione dell’attività;
- delocalizzazione fuori dal territorio nazionale con conseguente licenziamento collettivo.
Potenziali svantaggi. L’iscrizione al Registro del marchio storico prevede:
- l’obbligo per il titolare di informare immediatamente il MISE della possibile cessione/chiusura/delocalizzazione;
- l’obbligo per il titolare di comunicare al MISE una relazione a consuntivo della procedura, evidenziando le ragioni che hanno portato a non presentare o accogliere le proposte, qualora nessuna proposta di acquisto sia stata presentata o accolta;
- l’obbligo per il titolare di fornire determinate informazioni riguardo al progetto di chiusura o delocalizzazione dello stabilimento;
- l’obbligo per il titolare, nei casi di conclusione senza esito della procedura di acquisto, di avviare una collaborazione con il MISE per individuare delle attività sostitutive per la reindustrializzazione e l’utilizzo del marchio storico al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività produttiva sul territorio nazionale;
- la subordinazione del titolare alla valutazione del MISE in merito all’assegnazione di stanziamenti dal Fondo;
- l’esistenza della sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti del titolare dell’impresa (da 5.000 a 50.000 euro) per la violazione dell’obbligo informativo;
- l’intervento del MISE nelle operazioni di chiusura o delocalizzazione.
Tuttavia, l’art. 185 ter comma 2 Codice di Proprietà Industriale (CPI) prevede i medesimi obblighi di notifica al MISE anche per quelle imprese che – pur non avendo iscritto il proprio marchio all’interno del Registro dei marchi storici – sono in possesso dei requisiti previsti dall’art. 11 ter CPI (marchio usato o registrato continuativamente da 50 anni da parte di un’impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale).
Dal combinato di questi due articoli, appare evidente come anche le imprese che non hanno effettuato l’iscrizione al registro dei marchi storici, ma che potrebbero farlo in quanto in possesso dei requisiti, siano soggetti all’obbligo di informazione nei casi previsti dall’art. 185 ter comma 2.
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