Nello specifico, un design comunitario conferisce al suo titolare il diritto esclusivo di impedire ai terzi di produrre, utilizzare, offrire o mettere in commercio articoli che presentino una caratteristica identica o sostanzialmente simile a quella registrata; tale diritto dura 5 anni dalla data della registrazione ed è ulteriormente prorogabile fino a 25 anni.
Al contrario di quello che accade in altre legislazioni, per valutare la validità di un design comunitario non si applica un criterio di “qualità estetica”; infatti, i requisiti fondamentali che un design, registrato o meno, deve possedere sono:
- la “novità”, cioè deve essere differente da tutte le forme note del settore di appartenenza;
- il “carattere individuale”, cioè deve produrre nel pubblico un’impressione generale tale da differenziarlo dagli altri design conosciuti nel settore;
La necessità del Design Comunitario Non Registrato
A partire dalla fine del secolo scorso, l’industria cominciò a sviluppare a ritmi forsennati una quantità enorme di nuove forme: tuttavia, solo una minima parte dei design creati nel mondo veniva sfruttata commercialmente, dato che la maggioranza di essi non era in grado di superare il test del mercato.
Per quanto concerne il settore della moda, inoltre, vengono tuttora periodicamente lanciati nuovi modelli e commercializzati per periodi limitati di tempo.
Pertanto, non avrebbe molto senso investire risorse per la registrazione di disegni o modelli verosimilmente dotati di una breve vita commerciale.
Ciò ha portato all’introduzione del Design Comunitario Non Registrato, il quale concede una forma di protezione, immediata e temporanea, per 3 anni a partire dalla data certa di divulgazione, cioè della messa a disposizione del pubblico.
Tale divulgazione, perché sia considerata sufficiente, deve avvenire all’interno dell’Unione Europea e deve avere luogo in modo tale che gli ambienti specializzati del settore possano ragionevolmente venirne a conoscenza (ad esempio in fiere, esposizioni o, relativamente al settore della moda, in sfilate internazionali).
Inoltre, in maniera molto conveniente, il titolare di un design non registrato ha la possibilità, entro 12 mesi a partire dalla prima divulgazione (il cosiddetto periodo di “grazia”), di depositare una domanda di registrazione del disegno o modello già divulgato, come se la divulgazione stessa non fosse mai avvenuta.
Le differenze tra Design Registrato e Design Non Registrato
La prima evidente differenza tra il Design Registrato e il Design Non Registrato è data dal fatto che per il primo la protezione parte dal giorno in cui la domanda di registrazione viene depositata presso gli enti preposti (ad esempio UIBM o EUIPO), implicando un’azione effettiva da parte del titolare e una certificazione da parte di tali enti; per il secondo, invece, non è richiesta nessuna procedura formale perché si origini il diritto, ma è sufficiente solo che il design sia divulgato alla comunità.
Un’altra fondamentale distinzione è data dal fatto che i titolari di un design non registrato possono in via esclusiva impedirne l’uso ai terzi solo nel caso in cui quest’ultimo sia effettivamente frutto di una copiatura.
In aggiunta, attraverso la procedura di registrazione di un design, il titolare può scegliere di proteggere solo alcune caratteristiche di un prodotto, in modo tale da poter impedire a terzi di realizzare possibili varianti del prodotto stesso, che siano differenti nella loro totalità ma comprensive delle suddette caratteristiche.
In altre parole: mentre i diritti di privativa dati dalla registrazione nascono in maniera automatica semplicemente nel momento in cui la stessa avviene, risulta ben più complicato per il titolare di un design non registrato far valere le proprie ragioni in un’azione legale a difesa del proprio diritto.
Infatti, va considerato che, durante i procedimenti giudiziari riguardanti design registrati, quest’ultimi godono immediatamente della presunzione di validità, cioè un design registrato è considerato valido fino a prova contraria. La validità va invece dimostrata nel caso di un design non registrato, rispetto al quale la giurisprudenza ritiene più indicato parlare di “presunzione di tutelabilità”, più che di validità.
In assenza di una procedura di registrazione, infatti, per prima cosa si deve procedere a stabilire quelli che sono i confini del diritto, cioè quali sono i requisiti che permettono ad un design di essere considerato tale. Infatti, il titolare del design avrà l’onere di provare la sussistenza della novità e dell’individualità, e solo nel caso in cui ci sarà riuscito potrà accedere ai benefici derivanti dal design comunitario non registrato.
Normalmente, infatti, mentre le questioni riguardanti design registrati discusse in tribunale vertono solo sulla reale somiglianza con un prodotto contraffatto, nei procedimenti giudiziari riguardanti i design non registrati, oltre a dimostrare l’effettiva somiglianza tra il design originale e quello contraffatto, ai titolari incombe l’onere di dimostrare:
- la data e il luogo della divulgazione e l’impossibilità di non poter venire a conoscenza del design da parte dei membri degli ambienti specializzati del settore. A tal riguardo, la Corte di Giustizia UE, nella sentenza n. C-479/12 del 13/02/2014 “GAUTZSCH vs MBM JOSEPH DUNA”, elabora più dettagliatamente tali concetti, chiarendo, da un lato, che per ambienti specializzati si devono intendere quelli che possiedono una capacità di influenzare concettualmente il design di un prodotto e, dall’altro lato, che una divulgazione extraeuropea di un design non garantisce che terzi possano ragionevolmente venirne a conoscenza, rendendo più difficile l’applicazione di provvedimenti volti alla sua tutela.
- il fatto che il presunto contraffattore abbia indubbiamente copiato il design non registrato per giungere alla propria creazione. Tale compito non è sempre facile per il titolare, ed è bene puntualizzare che il tribunale è tenuto a facilitarlo qualora esistano delle analogie sostanziali e obiettive tra due modelli a confronto; questo potrebbe avvenire ad esempio tramite disposizioni che permettano di raccogliere prove presso la sede del presunto contraffattore, come accedere alle sue banche dati (come disposto dalla sentenza della Corte di Giustizia EU n° C-479/12 del 13/02/2014 “GAUTZSCH vs MBM JOSEPH DUNA”).
D’altro canto, una recente disposizione del Tribunale di Milano (sentenza n° 6397/2015 “MAX MARA vs LIU JO”) suggerisce che debba sussistere una vera e propria identità tra i modelli a confronto; questo sembra non tenere conto dello spirito originario che ha portato alla creazione del Regolamento (nello specifico quanto contenuto nel “Green paper on the legal protection of industrial design” della Commissione Europea del 1991), il quale indirizzava verso un’interpretazione del design non registrato alla pari con quello registrato, indicando che fosse sufficiente una correlazione tra le caratteristiche distintive di due modelli.
Alla luce di quanto sopra, appaiono chiari i rischi a cui si espongono i titolari che scelgano di non depositare una domanda di registrazione di un design, contando di avvalersi della sola protezione del design non registrato: infatti, come già menzionato, il titolare di un design non registrato che volesse impedire ad un contraffattore l’utilizzo di un design identico al suo, dovrebbe dimostrare che il design stesso non sia frutto del lavoro indipendente del contraffattore o, in altre parole, che il contraffattore stesso sia venuto a conoscenza della divulgazione precedente e l’abbia copiata.
Concludendo, dunque, se da un lato il Design Comunitario Non Registrato rappresenta un’alternativa certamente conveniente per la tutela di determinati beni, dall’altro lato andrebbe utilizzato con una certa accortezza, tenendo in debita considerazione le limitazioni che esso possiede e le conseguenze che potrebbero derivare da un suo uso poco ponderato.