La normativa prevede la pena della decadenza per un marchio dell’Unione europea che non venga utilizzato in maniera effettiva entro cinque anni dalla registrazione o il cui uso venga sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo il caso in cui il mancato uso sia giustificato da un motivo legittimo (Artt. 18 e 58 Regolamento sul marchio dell’Unione europea, UE 2017/1001, di seguito “RMUE”).
Per conservare il diritto esclusivo sul marchio è necessario utilizzare lo stesso in maniera effettiva.
Il non uso quinquennale non determina, di per sé, la decadenza della registrazione. La stessa dovrà essere richiesta da un terzo con azione presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (di seguito “EUIPO”) o con domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, presso un Tribunale UE competente.
In tali azioni, l’onere di provare l’uso del marchio incombe sul titolare della registrazione.
Considerato livello di prova richiesto e rigore dell’EUIPO, l’accertamento della decadenza risulta, da un lato, una via efficace e poco costosa per cancellare marchi di terzi; dall’altro, però, può mettere in seria difficoltà il titolare della registrazione che, pur utilizzando il marchio, non riesce a dimostrarne l’uso.
Ma perché la prova d’uso risulta gravosa? Per rispondere a tale quesito vediamo in particolare cosa si intenda per uso effettivo del marchio e come provarlo.
Cosa si intende per uso effettivo di un marchio?
La giurisprudenza ha chiarito che l’uso effettivo consiste in uno sfruttamento reale del marchio da parte del titolare o con il suo consenso, per mantenere o trovare quote di mercato per i prodotti o servizi, con esclusione di ipotesi di uso meramente simbolico, sporadico o episodico.
Perché l’uso sia effettivo, il marchio deve essere utilizzato come segno distintivo nel mercato di riferimento (e non solamente in seno all’impresa) e per prodotti o servizi già in commercio o la cui commercializzazione, preparata ad es. tramite campagne pubblicitarie, è imminente.
In assenza di parametri di uso minimo sufficiente definiti dalla giurisprudenza, ciò che conta è fornire prove in grado di dimostrare che si è seriamente cercato di acquisire o mantenere una posizione nel mercato invece di aver utilizzato il marchio al solo fine di mantenere i diritti conferiti dallo stesso.
Come si prova l’uso effettivo?
Le prove, per essere rilevanti, devono essere datate, recare un riferimento a luogo, oltre che, ovviamente, al marchio e tali requisiti sono verificati con particolare rigore dall’Ufficio.
Le fatture di vendita, che attestano con chiarezza una transazione economica, unitamente a cataloghi, materiale e dati di investimento promozionale risultano le prove cardine per dimostrare l’effettiva commercializzazione dei prodotti/servizi.
In caso le fatture non riportino il marchio ma un codice articolo, è necessario incrociare tale dato in cataloghi datati. Talvolta questo requisito mette in difficoltà aziende che, pur usando il marchio, non riescono a dimostrarlo.
Affianco alle prove d’uso più comuni, si pongono ora i documenti legati alla presenza online dei marchi. Che peso hanno nell’impianto probatorio?
- Le prove d’uso del marchio su Internet
In caso vengano fornite esclusivamente documenti estratti da Internet, la prova di tempo e luogo d’uso può risultare meno complessa, mentre l’estensione può presentare maggiori difficoltà. Infatti, le transazioni su Internet tendono a eliminare la maggior parte delle “tradizionali” prove di vendita (fatture, documenti fiscali etc.) a favore di mezzi di pagamento certificati, richieste e relative conferme, registrazioni di transazioni etc. É pertanto fondamentale conservare e catalogare sempre tali documenti per riuscire a dimostrare le vendite del prodotto.
In particolare, la sola presenza del marchio su un sito internet (o su una app) non è sufficiente a provare un uso effettivo, a meno che il sito (o l’app) non mostri anche il luogo, il periodo di tempo e l’estensione dell’uso o a meno che tali informazioni non siano fornite diversamente.
Il valore degli estratti da Internet può essere rafforzato presentando prove del fatto che il sito è stato visitato (ad esempio, producendo analisi del traffico) e che sono stati trasmessi ordini dei prodotti attraverso il sito da un certo numero di clienti nel periodo di riferimento (Walzertraum, T-355/09, confermata da C-141/13). Prove utili a questo proposito sono i registri per la gestione della pagina web aziendale.
Le stampe di archivi elettronici, ad esempio le Wayback Machine (una tecnologia gratuita di ricercar che conserva documenti e informazioni poste su Internet), sono considerate prove efficaci a mostrare come un sito appariva nel passato ma non l’intensità dell’uso del marchio. Le stesse devono essere pertanto supportate da evidenze provenienti da fonti alternative (19/11/2014, T-344/13, FUNNY BANDS).
Estratti da siti Web non modificabili sono ritenuti affidabili se contengono riferimenti a date e luoghi dove, ad esempio, i prodotti sono stati commercializzati o dove il materiale pertinente è stato utilizzato (12/09/2007, T-164/06, BASICS).
Informazioni ottenute invece da siti Web modificabili (Wikipedia, Acronym Finder) sono ora prese in considerazione ma devono essere supportate da altro materiale probatorio (25/09/2018, T-180/17, EM).
Gli estratti dai social media sono trattati come fonti indipendenti (24/10/2017, T-202/16 COFFEE INN) se includono informazioni non modificabili create dalle piattaforme stesse. Prove consistenti in contenuti di social media soggetti a modifica, come “likes, followers, visualizzazioni” etc. devono essere supportate da altre evidenze, ad esempio, dati sulle vendite del prodotto nel territorio di riferimento.
Stampe e screenshot di siti web di condivisione di video e foto, rilevano se indicano la data in cui l’immagine o un video sono stati effettivamente visualizzati o resi disponibili per la visualizzazione o il download, ad es. su una piattaforma online (R 462/2017-2, 24/01/2018 NEVILLE). Queste informazioni possono essere ottenute tramite report analitici.
I collegamenti ipertestuali (Hyperlinks) o gli indirizzi URL, in quanto soggetti a modifiche e rimozioni, non sono considerati come prove sufficienti, ma devono essere integrati con evidenze aggiuntive (23/06/2014, R 1836/2013-2, (final), Forma di una bottiglia trasparente a forma di lacrima).
Infine, le informazioni contenute in stampe o schermate di piattaforme di e-commerce sono rilevanti quando recano la data in cui, per esempio, un prodotto era disponibile alla vendita e si combinano con altre prove d’uso del marchio.
Per i limiti sopra evidenziati, è sempre suggeribile supportare le c.d. prove online con evidenze da fonti alternative.
- Devo provare l’uso del mio marchio in tutti i paesi dell’UE?
L’uso anche solo in una parte del territorio dell’Unione, a prescindere dai confini politici dei singoli stati, può essere considerato utilizzo effettivo.
Nella valutazione sull’uso, l’estensione territoriale è solo uno dei fattori di cui l’Ufficio tiene conto, insieme alle caratteristiche dello specifico mercato, alla natura dei prodotti o servizi in questione, all’estensione quantitativa dell’uso, alla sua frequenza e regolarità (19/12/12, C‑149/11, Leno Merken).
Ad esempio, l’uso continuativo di un marchio nella città di Londra e nei suoi dintorni per servizi wireless è stato ritenuto sufficiente da un punto di vista geografico, considerata estensione e importanza di tale area in vari settori economici e rispetto ai servizi in questione (30/01/2015, T-278/13, NOW).
In altro recente caso, l’uso limitato alla regione Puglia per un prodotto di consumo di massa come il caffè non è stato ritenuto effettivo, considerando che l’estensione territoriale limitata non era compensata da un uso significativo in termini di volume e intensità (6/6/2019, T-220/18 Torrefazione Caffè Michele Battista Srl).
L’uso del mio marchio in una forma modificata è una valida prova d’uso?
L’uso del marchio che presenti variazioni rispetto alla versione registrata, purché si tratti di modifiche che non ne alterino il carattere distintivo, è equiparato dalla legge all’uso del marchio (articolo 18 RMUE).
Non è necessaria una rigorosa conformità tra il segno utilizzato e il segno registrato, tuttavia la differenza deve essere per elementi trascurabili (23/02/2006, T-194/03, Bainbridge).
Recente caso che ha suscitato clamore, è quello dell’annullamento per carenza di capacità distintiva del marchio figurativo di Adidas formato da tre strisce parallele, (19/6/2019, T‑307/17, Adidas AG v EUIPO).
La Corte ha ritenuto, fra l’altro, che la maggior parte dei documenti prodotti da Adidas non riguardasse il marchio in questione, ma altri segni che differivano dallo stesso per rapporto altezza/larghezza, schema di colore invertito (bande bianche su sfondo nero ), inclinazione delle bande e numero delle stesse. A fronte di un marchio figurativo semplice come quello di Adidas, anche piccole variazioni possono far sì che il logo applicato sul prodotto non sia più riconducibile alle “varianti autorizzate”, ma rappresenti un marchio distinto.
Questa e altre recenti pronunce dimostrano come l’EUIPO sia sempre più incline ad applicare il principio del “what you see is what you get” (ciò che hai registrato è ciò che puoi utilizzare) e, di conseguenza, ad assumere un atteggiamento di maggiore rigore in riferimento al supporto probatorio richiesto alle parti.
A tale riguardo, l’Ufficio ha recentemente pubblicato il progetto di Prassi Comune (denominato CP8, frutto di un lavoro condiviso con gli Uffici partecipanti degli stati UE e le associazioni di utenti) che stabilisce principi generali per valutare quando l’uso di un marchio in una forma diversa da quella registrata altera il suo carattere distintivo.
Certamente l’adozione di tale prassi garantirà maggiore chiarezza e prevedibilità in merito all’applicazione della norma.
In ogni caso, al fine di evitare incertezze e difficoltà a dimostrare l’uso del segno, risulta senz’altro suggeribile aggiornare costantemente il portafoglio marchi ai vari restyling.
Vediamo infine cosa accade nel caso in cui il titolare del marchio ricominci ad usare lo stesso o possa provare che il mancato uso sia giustificato da un valido motivo.
La ripresa dell’uso del mio marchio sana la decadenza?
La normativa prevede che il mancato uso possa essere sanato ricominciando ad utilizzare il marchio (Art. 58 RMUE). É quindi possibile “rivitalizzare” una registrazione di marchio “dormiente” riprendendone l’uso e, in tal caso, la privativa non potrà più essere dichiarata decaduta.
Un aspetto da tenere in considerazione qualora le logiche aziendali cambino e taluni brand tornino di interesse.
Quali sono i motivi legittimi che giustificano il mancato uso del mio marchio?
Non vi è decadenza quando il mancato uso sia giustificato da un motivo non dipendente dalla volontà del titolare. Ciò avviene ad esempio nel caso di guerre, disastri naturali, mancata concessione di un’autorizzazione amministrativa e, presumibilmente, provvedimenti governativi di lockdown, come nel caso dell’emergenza sanitaria COVID-19, pure considerando che molti paesi UE hanno disposto una sospensione dei termini di decadenza, anche in materia di marchi.
Conclusioni
L’accertamento della decadenza risulta senz’altro un efficace strumento per cancellare marchi di concorrenti.
Dal punto di vista dei titolari dei marchi dell’UE, che potrebbero subire tale azione, risulta invece fondamentale organizzare le seguenti attività:
- Rivedere sistematicamente l’assetto del portafoglio marchi, per valutare con il consulente i segni passibili di decadenza ed eventuali strategie di nuova registrazione;
- In caso di dubbio sull’uso effettivo del marchio, rinforzare la tutela con registrazioni nazionali o internazionali nei paesi chiave dell’UE;
- Registrare costantemente i restyling dei propri marchi;
- Catalogare regolarmente per marchio, tipo e anno tutte le prove. Menzionare, se possibile, il marchio in fattura, datare sempre cataloghi, brochure, listini;
- Per provare l’uso su Internet, conservare registri di gestione di pagine web, report analitici, evidenze di pagamenti certificati e registrazioni di transazioni online.
Per individuare una strategia di tutela che tenga conto delle specifiche esigenze aziendali ed una corretta gestione del portafogli marchi, è sempre consigliabile rivolgersi a professionisti del settore.