Vinitaly 2018. Riparte il salone internazionale dedicato ai vini
Il prossimo 15 aprile inizierà a Verona la 52esima edizione di Vinitaly, il tradizionale appuntamento fieristico dedicato alle eccellenze della produzione vitivinicola mondiale.
La manifestazione si apre sotto i migliori auspici. La precedente edizione ha infatti registrato un notevole incremento delle presenze, con oltre 30.000 top buyer stranieri accreditati (quasi il 10% in più rispetto al 2016).
A riprova di un prestigio in costante aumento, la presenza dei numerosi operatori stranieri, che nel 2017 sono stati ancor più numerosi in confronto all’edizione passata. Sono aumentate le presenze da parte di tutti i Paesi Europei. Si è inoltre assistito a un incremento di operatori da Russia (+42%), Brasile (+29%) e Cina (+12%).
Il business vinicolo italiano potrà quindi nuovamente approfittare di una vetrina internazionale, consolidando la già ottima reputazione delle eccellenze agro-alimentari del made in Italy. Basta pensare al fatto che la produzione di vino italiana, solo nel 2016, ammontava a oltre 50 milioni di ettolitri, dato record che colloca il nostro Paese tra i leader nel settore.
Un mercato che, secondo le stime dell’EUIPO, nella sola Italia vale 8 miliardi di euro e dà lavoro a 120.000 persone in Europa.
La nostra industria del vino sembra, così, più solida che mai. Al volume di produzione, infatti, si aggiungono i valori aggiunti di conoscenze avanzate in materia enologica e delle antiche tradizioni vinicole. Anche per questo, possiamo vantare numerosi prodotti di fama internazionale.
Purtroppo, come accade in molti mercati altamente competitivi, il fenomeno della contraffazione dei diritti di proprietà industriale può danneggiare gravemente le imprese. Specialmente in un settore come quello vinicolo, dove il prestigio di un’etichetta è spesso sinonimo di eccellenza qualitativa.
A causa della contraffazione, l’EUIPO stima in Italia una perdita media annuale di 83 milioni di euro dovuta al calo di vendite, con un conseguente impatto anche sul mercato del lavoro in questo settore (-2% in Italia).
A ciò si aggiungono anche gli effetti indiretti della contraffazione, con meno lavoro anche per fornitori di prodotti e servizi collegati all’industria del vino. Tradotto in cifre: una perdita complessiva in Europa di 3 miliardi di euro nel quinquennio 2008-2013.
La contraffazione dei marchi legati al vino e agli alcolici danneggia anche le istituzioni. L’EUIPO calcola un calo di entrate per le accise italiane, per esempio, di 18 milioni di euro.
Tutelare il marchio delle proprie eccellenze vinicole, quindi, non vuol dire solo proteggere la propria reputazione o la posizione sul mercato. Ma è anche un gesto di responsabilità.
Il vino made in Italy ed europeo, per fortuna, possiede buone armi per proteggere i propri tesori dalla contraffazione.
La registrazione del marchio è la prima difesa contro questo fenomeno. Sui mercati esteri sono spesso venduti prodotti (specialmente agroalimentari) che presentano nomi, immagini e simboli che evocano il nostro Paese – ma che di italiano non hanno nulla. Si tratta del fenomeno detto “Italian Sounding“, una delle forme più comuni di concorrenza sleale e truffa verso i consumatori. Secondo una stima dell’UIBM, il giro d’affari mondiale dell’Italian Sounding ammonterebbe a 54 miliardi di euro annui – il doppio di quanto effettivamente esporta il nostro Paese in prodotti agroalimentari.
Un’ulteriore tutela è costituita dai regimi normativi di qualità, riconosciuti a livello comunitario. I sigilli DOP e IGP sono gli strumenti che la Comunità Europea mette a disposizione a difesa dei vini più prestigiosi. Queste denominazioni forniscono molte garanzie al consumatore.
La DOP (Denominazione di Origine Protetta) garantisce che il vino venga prodotto in una specifica località geografica: una regione o un luogo che designano il prodotto stesso. Per esempio, se compriamo dell’Amarone della Valpolicella – vino che può fregiarsi di questo marchio – abbiamo la certezza che viene prodotto esclusivamente nella zona omonima del Veronese, con uve provenienti da quella specifica area geografica. La DOP tutela quindi le particolari caratteristiche ambientali e i metodi di lavorazione propri di una tradizione agroalimentare locale. Per il consumatore attento, è una certezza di qualità.
L’IGP (Indicazione Geografica Protetta) abbiamo invece la garanzia che il vino, in almeno una delle sue fasi di produzione, sia stato prodotto in una determinata area geografica. Le uve devono provenire per almeno l’85% da tale località, e devono possedere precise qualità organolettiche.
I vini italiani vantano il più alto numero di DOP e IGP in Europa. Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali elenca ben 526 denominazioni italiane (il 33% sul totale europeo). Il nostro concorrente più diretto, la Francia, ne possiede 432 (il 27% sul totale).
È evidente che DOP e IGP possono essere di grande aiuto nel proteggere il maggior vantaggio competitivo dei nostri vini: la qualità. Esse possono impedire l’appropriazione esclusiva della denominazione da parte di un singolo produttore. Infatti, possono essere utilizzati da chiunque commercializzi un vino conforme al relativo disciplinare di produzione. Impediscono inoltre l’uso del nome per prodotti diversi. Proibiscono infine l’utilizzo improprio del nome, evitando così di creare confusione nei consumatori.
L’iter per registrare il proprio marchio e ottenere il riconoscimento come DOP o IGP è complesso. In particolare, la richiesta di DOP e IGP può essere inoltrata solo da organizzazioni associative. Bisogna inoltre dimostrare di possedere i requisiti produttivi conformi al relativo disciplinare. Oltretutto, la procedura prevede anche una fase ispettiva, durante la quale il produttore riceve periodici controlli da parte degli enti certificatori e dei consorzi di tutela – verificando la conformità ai requisiti ottenuti.
Tuttavia, per ottenere queste denominazioni è necessario il supporto di professionisti dotati di specifiche competenze e qualifiche, costantemente aggiornati sulle novità normative.
Con quasi 20.000 marchi registrati ogni anno e un’esperienza che risale al 1878, Barzanò & Zanardo è il partner che vanta una consolidata autorevolezza nel settore. Grazie a un team dedicato di consulenti, può affiancare le aziende vitivinicole nella pianificazione di una strategia di tutela mirata e su misura. A protezione delle eccellenze agroalimentari e dei nostri tesori vinicoli locali.