BREVETTI – ERRORI COMUNI E COME EVITARLI – I° Capitolo

Nella nostra pluriennale attività di consulenti ci siamo spesso imbattuti in pregiudizi e convinzioni sbagliate sui brevetti che in molti casi hanno provocato, se non vi si è posto rimedio per tempo, o rischiato di provocare, conseguenze anche gravi quali, per citarne solo alcune, la perdita dei diritti di monopolio su un’invenzione potenzialmente valida e la violazione, spesso inconsapevole, di diritti altrui.

Riporteremo quindi in questo articolo, e nei due che seguiranno, alcuni dei più comuni errori che ci è capitato di osservare, cercando, per quanto possibile e senza velleità di essere esaustivi, di dare delle brevi indicazioni, o delle linee guida, per cercare di evitarli, con la speranza per lo meno di far suonare un campanello di allarme a chi si troverà davanti delle situazioni nelle quali, per i non addetti ai lavori, è facile sbagliare.

A1) Sottovalutare la propria invenzione

Spesso i tecnici, i ricercatori, gli imprenditori dei settori tecnologici, sono così esperti della loro tecnologia che innovazioni potenzialmente brevettabili risultano ai loro occhi delle mere banalità.

Molti non sanno che la maggior parte dei brevetti non riguarda invenzioni rivoluzionarie o sconvolgenti, ma piccole migliorie di soluzioni già note che consentono, ad esempio, di migliorare le prestazioni e/o ridurre i costi di produzione e/o facilitare l’utilizzo di un determinato dispositivo o metodo.

I requisiti principali che quasi tutti gli stati richiedono ad una soluzione tecnica affinché essa sia brevettabile è che sia nuova e che possieda carattere inventivo (chiamato anche attività inventiva o originalità).

Sulla novità torneremo in seguito.

In merito al carattere inventivo, la prima domanda da farsi per la sua valutazione è se la soluzione tecnica che abbiamo sviluppato, posto che sia nuova, risolva un problema tecnico precedentemente non risolto o precedentemente risolto, ma in modo diverso; in caso affermativo è possibile che la soluzione sia brevettabile, anche se apparentemente il problema tecnico risolto potrebbe sembrare piccolo.

Il passo successivo per la valutazione dell’attività inventiva prevede in genere che si valuti se il “tecnico medio” del settore, sulla base delle sue comuni conoscenze /o di eventuali documenti noti a lui disponibili, avrebbe risulto il problema tecnico come nella soluzione tecnica che ho sviluppato.

Si sottolinea che stati diversi utilizzano criteri diversi per la valutazione del carattere inventivo; ad esempio l’Ufficio Brevetti Europeo utilizza il cosiddetto Problem-Solution-Approach (utilizzato sempre di più anche in Italia), mentre altri uffici brevetti (ad esempio l’ufficio brevetti USA, Cinese, eccetera) utilizzano criteri diversi.

In questa sede non possiamo addentrarci nella spiegazione dettagliata dei vari criteri utilizzati per la valutazione dell’attività inventiva nei vari stati, che richiederebbe ben più di un articolo di poche pagine; il messaggio che però vorremmo passasse è che se la soluzione tecnica che abbiamo sviluppato è nuova e risolve un problema tecnico, anche se a prima vista ci potrebbe sembrare banale, vale sempre la pena fare una riflessione più approfondita sulla sua potenziale brevettabilità, possibilmente coinvolgendo un consulente brevettuale che possa valutare la presenza del carattere inventivo rispetto ai requisiti richiesti dalla legge dello stato dove vogliamo depositare il brevetto.

A solo titolo di esempio, citiamo il caso di un brevetto europeo concesso (e sottolineiamo a tale proposito che l’Ufficio Brevetti Europeo sottopone i brevetti ad un accurato esame di brevettabilità, valutandone la novità e l’attività inventiva) che protegge sostanzialmente un frigorifero il cui spazio interno comprende almeno un OLED che lo illumina; anche se a prima vista potrebbe sembrare strano, spesso invenzioni di questa portata sono appunto brevettabili.

A2) Divulgare l’invenzione prima del deposito del brevetto

Come scritto in merito al primo errore, i requisiti principali richiesti ad una soluzione tecnica per essere brevettabile sono la novità ed il carattere inventivo.

Del carattere inventivo abbiamo già parlato.

Relativamente alla novità, in campo brevettuale si parla di novità assoluta e novità relativa.

Alcune giurisdizioni, ad esempio quella italiana e quella dell’Ufficio Brevetti Europeo, richiedono la novità assoluta, ovvero che l’invenzione, prima del deposito del brevetto, non sia mai stata divulgata (se non in regime di segretezza), dove per divulgazione si intende la comunicazione in qualsiasi forma della soluzione tecnica a dei terzi non vincolati al segreto; ad esempio, la vendita di un prodotto, anche in un solo esemplare, ne compromette la novità assoluta.

Altre giurisdizioni (ad esempio la Germania per quanto riguarda il modello di utilità, in sostanza una sorta di brevetto a cui è richiesta una “minore attività inventiva” e che dura al massimo 10 anni invece dei 20 anni di un brevetto) richiedono invece la novità relativa, o locale, ovvero non considerano lesive della novità le pre-divulgazioni (ad esempio una vendita, l’esposizione ad una fiera o ad un congresso, eccetera) avvenute al di fuori del proprio territorio nazionale.

Alcune giurisdizioni (ad esempio gli USA, la Germania per il modello di utilità, ma non l’Italia né l’Ufficio Brevetti Europeo) prevedono inoltre un cosiddetto “periodo di grazia” o “grace period” (pari in genere a 6 o a 12 mesi, a seconda della giurisdizione), durante il quale l’inventore può pre-divulgare l’invenzione, mantenendo però il diritto di brevettarla.

È importante quindi, prima del deposito del brevetto in uno stato che richiede la novità assoluta, non divulgare l’invenzione e, nel caso ciò non sia possibile (ad esempio perché c’è la necessità di discutere l’invenzione con un fornitore o con un cliente), divulgarla solamente in regime di segretezza, ad esempio siglando preliminarmente un accordo di segretezza (a NDA-Non Disclosure Agreement) con i terzi a cui l’invenzione deve essere mostrata.

Qualora l’invenzione sia stata effettivamente divulgata, e quindi si sia perso il diritto di brevettarla in uno stato che richiede la novità assoluta, ci si deve comunque chiedere se possa avere senso cercare di proteggere l’invenzione almeno in uno o più stati che prevedono la novità relativa e/o il periodo di grazia.

A3) Non verificare/regolare i rapporti con le terze parti

Della necessità di firmare degli accordi di segretezza (NDA) prima di divulgare l’invenzione abbiamo scritto sopra.

Quello che ci preme sottolineare in merito a questo punto è che le invenzioni nascono in capo ad una o più persone fisiche, ed i diritti patrimoniali (tra cui il diritto alla brevettazione) su tali invenzioni (ma non il diritto morale ad essere riconosciuto inventore, che è invece inalienabile) possono essere trasferiti da tali persone fisiche ad altri soggetti (altre persone fisiche e/o persone giuridiche) per effetto di particolari contratti tra gli inventori e tali soggetti.

Ad esempio, il contratto di lavoro tra il datore di lavoro ed un dipendente prevede, in alcuni casi (che non è possibile approfondire in questa sede), il trasferimento al datore di lavoro dei diritti patrimoniali (e quindi il diritto alla brevettazione) sull’invenzione del dipendente.

Nel caso di invenzione fatta da più inventori, salvo contratti specifici che prevedono diversamente, il diritto alla brevettazione spetta in parti uguali ai diversi inventori, e vige il regime della comunione.

Nel caso in cui più soggetti (ad esempio un’azienda e un fornitore o un cliente dell’azienda, o un consulente, eccetera) collaborino allo sviluppo di una soluzione tecnica, è importante stabilire fin dall’origine della collaborazione, ad esempio mediante degli appositi contratti di sviluppo o di cosviluppo, di chi è la titolarità delle eventuali invenzioni sviluppate durante la collaborazione, possibilmente specificando anche come deve essere trattata la proprietà intellettuale delle soluzioni tecniche pregresse dei vari soggetti che collaborano e di eventuali soluzioni sviluppate autonomamente da tali soggetti durante la collaborazione.

Non regolare tali questioni prima di iniziare l’effettiva collaborazione porta spesso a conflitti tra i soggetti che collaborano, che poi è quasi sempre piuttosto difficile risolvere.

A4) Non considerare le diverse legislazioni

Abbiamo già accennato al fatto che stati diversi prevedono in genere regole più o meno diverse in merito alla valutazione della novità e dell’attività inventiva.

Inoltre alcune legislazioni (ad esempio quella Italiana e quella dell’Ufficio Brevetti Europeo) prevedono che alcune soluzioni tecniche siano escluse a priori dalla brevettabilità (ad esempio i metodi per fare business ed i programmi per elaboratore in quanto tali), mentre altre legislazioni (ad esempio quella USA) consentono la brevettazione anche di tali soluzioni tecniche.

Ancora, la forma delle rivendicazioni è diversa da stato a stato; ad esempio nei brevetti USA l’espressione “means for” (mezzi di) in una rivendicazione ha una interpretazione necessariamente limitata agli esempi di tali mezzi descritti nella descrizione, mentre, ad esempio, in Italia e nel Brevetto Europeo ha un’interpretazione ampia.

Inoltre alcune legislazioni consentono di utilizzare diverse rivendicazioni indipendenti all’interno di uno stesso brevetto, mentre altre ne consentono, salvo eccezioni che non è possibile spiegare ora, al massimo una di prodotto, una di metodo di produzione del prodotto ed una di utilizzo del prodotto.

In più, in alcune legislazioni, quello che viene detto dal titolare durante l’esame del brevetto può avere un effetto limitativo nell’interpretazione delle rivendicazioni (cosiddetta dottrina dell’”estoppel” adottata in USA).

Queste ed altre differenze tra le varie regole nazionali comportano che una stessa invenzione possa essere protetta in modo anche assai diverso stato per stato; ciò deve essere tenuto in considerazione sia con riferimento ai propri brevetti (che potrebbero coprire o non coprire la soluzione di un potenziale contraffattore a seconda dello stato in cui è depositato il brevetto), sia quando si vuole valutare la libertà di attuazione (FTO- Freedom To Operate) di una propria soluzione rispetto ad un brevetto altrui, in quanto se il brevetto altrui è stato esteso in diversi stati (ad esempio come brevetto europeo, in USA, in Cina), è necessario valutare l’eventuale interferenza con la propria soluzione rispetto ai vari brevetti in tutti gli stati di interesse, e non limitarsi a verificare l’eventuale interferenza rispetto al brevetto in un solo stato, dando per scontato che la protezione sia la stessa in tutti gli stati.

A5) Spaventarsi per un rapporto di ricerca negativo

Spesso, soprattutto nel caso in cui la protezione richiesta inizialmente in un brevetto per una certa invenzione è volutamente ampia (tenuto conto che in genere durante l’esame del brevetto è possibile restringere la portata della protezione richiesta, ma non allargarla), il rapporto di ricerca può essere negativo (ovvero contenere uno o più documenti, cosiddetti “X” o “Y”, che a parere dell’esaminatore compromettono la novità o il carattere inventivo dell’invenzione).

Ci preme a tale proposito sottolineare che, molto spesso, a fronte di rapporti di ricerca negativi, è possibile comunque ottenere la concessione del brevetto, in alcuni casi modificando le rivendicazioni per ridurre l’ambito di tutela delle stesse (ovvero aggiungendo alla rivendicazione indipendente una o più caratteristiche, presenti nelle rivendicazioni dipendenti e/o nella descrizione, che limitano la protezione ma non sono mostrati nei documenti anteriori citati dall’esaminatore) ed in altri casi semplicemente spiegando all’esaminatore le reali differenze tra la soluzione oggetto della domanda di brevetto e la tecnica nota citata, che magari l’esaminatore non ha colto.

In ogni caso, non ha senso spaventarsi a priori per un rapporto di ricerca negativo, ma vale sempre la pena di analizzare in dettaglio le obiezioni dell’esaminatore ed i documenti di tecnica noti citati, per valutare autonomamente, preferibilmente con l’aiuto di un consulente brevettuale, la fondatezza delle obiezioni, e se sia possibile superarle.

A6) Citare la tecnica nota in un proprio brevetto in modo non ragionato

Tipicamente quando si scrive un brevetto si parte dalla descrizione di una soluzione nota, citandone delle problematiche per evidenziare come la soluzione oggetto del brevetto li risolve.

Qualora la tecnica nota citata in un brevetto sia un prodotto o un metodo del titolare del brevetto stesso, descrivere nel brevetto i difetti di tale prodotto (ad esempio che il prodotto noto tende a prendere fuoco) o metodo potrebbe essere pericoloso, in quanto, in alcune legislazioni, ciò potrebbe essere considerato un’ammissione che il prodotto o metodo ha dei problemi, e comportare delle problematiche legali, non tanto legate al brevetto, quanto alla produzione o commercializzazione del prodotto o all’utilizzo del metodo.

È quindi consigliabile citare la tecnica nota in un brevetto solo dopo aver valutato attentamente i possibili effetti di quello che viene citato.

Per ora ci fermiamo qui, sperando di aver chiarito alcuni aspetti spesso poco conosciuti o completamente ignorati del mondo dei brevetti, o almeno di aver fornito degli spunti su cui riflettere per evitare di incappare in qualche scivolone dalle conseguenze poco piacevoli.

Vi attendiamo a breve per la seconda puntata.

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