I segni distintivi non convenzionali nello sport – Quando le esultanze diventano marchi.

C’è la convinzione che un marchio sia solo un “brand” formato da un logo e da una parola, ma niente di più lontano dalla verità.

I segni distintivi non convenzionali nello sport  – Quando le esultanze diventano marchi.

C’è la convinzione che un marchio sia solo un “brand” formato da un logo e da una parola, ma niente di più lontano dalla verità.

Chi di voi, andando al cinema e sentendo questa fanfara uscire dagli altoparlanti non individua immediatamente in quali Studios sia stato prodotto il film? Beh, se avete riconosciuto gli Studios è perché la fanfara della Twentieth (20th) Century Fox Film Corporation è, a tutti gli effetti, un marchio in grado di determinare l’origine del prodotto, un marchio, per di più, registrato presso l’EUIPO (European Union Intellectual Property Office).

Sono i c.d. marchi “non convenzionali o atipici” che hanno ricevuto una spinta dopo l’eliminazione del requisito della rappresentazione grafica del segno ad opera del Regolamento (UE) n. 2015/2424 che ne ha semplificato l’ottenimento. Le aziende già da tempo sfruttano questo potenziale per implementare la tutela dei propri segni distintivi: dall’urlo di Tarzan al ruggito del Leone della Metro-Goldwyn-Mayer Lion Corporation, dai saluti animati della mascotte della Fahnen-Gärtner  all’ologramma della Zwilling sono tutti marchi registrati.

Se le aziende, già da tempo, si sono mosse per tutelare i propri segni distintivi atipici, anche lo sport può beneficiare di questa evoluzione.

Mandela diceva che lo “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare, di unire le persone in una maniera che pochi di noi possono fare. Parla ai giovani in un linguaggio che loro capiscono”.

Eh già, perché – oggi più che mai – è lo sport a parlare ai giovani. Se fino a qualche decennio fa le stanze dei teenager erano ricoperte di poster di cantanti, musicisti, attori, modelle e modelli, oggi sono gli sportivi a farla da padroni: pareti tappezzate da poster, calendari, diari traboccanti di foto e ritagli vari, indumenti e ogni tipo di prodotto marchiati con il nome o il logo dei nostri più ambiti idoli sportivi.

Si perché gli sportivi di oggi sono un brand mondiale di inestimabile valore, un brand costituto dalla loro stessa immagine.

E allora, proprio come i più importanti marchi sportivi, anche loro elaborano, proteggono e gestiscono il proprio marchio, fino anche ad esplorare nuovi campi di tutela. E’ recente la vittoria di Lionel Messi che dopo anni di battaglie legali è finalmente riuscito ad ottenere la registrazione del proprio cognome per articoli di abbigliamento. Infatti, nonostante la strenua opposizione del marchio anteriore Massi, il Tribunale Ue ha sancito l’assenza di confusione con i preesistenti marchi in virtù della notorietà del campione argentino.

Molto più datata la battaglia tra i tennisti Niclas Kroon e Lleyton Hewitt sull’uso, come marchio di abbigliamento, del gesto di vittoria effettuato stringendo le dita di una mano a becco d’anatra e portandole con uno scatto all’altezza degli occhi: il “Vicht”, gesto anticamente usato dai vichinghi in segno di trionfo sul nemico.

Usain Bolt, l’uomo più veloce al mondo è titolare di decine di marchi registrati in tutto il mondo che proteggono nome, la firma, lo slogan “BOLT TO THE WORLD” e perfino la posa che tutti conosciamo “the lightning bolt ”the lightning bolt.

 

Da anni assistiamo anche a calciatori che creano e registrano il proprio brand con le iniziali ed il numero di maglia.

David Beckham è stato uno degli apripista con il marchio DB07 registrato a livello comunitario nel 2002, seguito poi  da moltissimi altri calciatori che hanno registrato il marchio in proprio o per il tramite di uno sponsor.

Ma se le iniziali ed il numero di maglia possono essere considerati come marchi “standard”, che siamo ormai abituati a vedere, con l’entrata in vigore del regolamento (UE) 2015/2424 recante modifica del regolamento sul marchio comunitario pare non esserci più limite a ciò che può essere registrato come marchio.

Come detto, prima delle modifiche introdotte dal citato regolamento, vigeva un requisito assoluto nella registrazione dei marchi: la rappresentabilità grafica.

Ora, le nuove tecnologie e la necessità di garantire maggiore flessibilità hanno portato ad una modernizzazione del processo di registrazione che ha condotto alla soppressione di tale requisito, riuscendo però ad ottenere, allo stesso tempo, una maggiore certezza del diritto secondo il concetto “what you see is what you get” (“quello che vedi è quello che ottieni”).

E allora è lecito supporre che quei marchi che prima venivano definiti atipici o non convenzionali, potranno ora avere maggior successo.

Anche gli sportivi potranno sfruttare questa apertura. Infatti, pensando ad alcuni calciatori non ci possono non venire in mente anche alcune esultanze o mosse particolari effettuate durante le partite. I più “saggi” ricorderanno lo scorpione di Higuita, eclettico portiere colombiano degli anni ’90, ma anche i più giovani hanno parecchi esempi.

Abbiamo già avuto esempi di calciatori che hanno provato, a volte riuscendoci, a tutelare le proprie esultanze. Principalmente è stato utilizzato il marchio figurativo, come nel caso di Gareth Bale che ai tempi del Tottenham aveva provato a registrare l’esultanza Eleven Of Hearts creata unendo le dita delle due mani a formare un cuoreEleven Of Hearts oppure Jesse Lingard che ha depositato la sua esultanza in cui nasconde il viso dietro alle sue mani a formare le iniziali del suo nome e cognome (JL)Jesse Lingard. Se pensate che questi siano solo casi isolati provate a riflettere al marketing che si è creato dietro alla Dybala mask dell’omonimo giocatore della Juventus, alla Hotline Bling di Antoine Griezmann o alla “Dab Dance” di Paul Pogba, entrambi freschi campioni del Mondo. Gli esempi non mancano, in tutti gli sport. Momenti più o meno improvvisati diventano improvvisamente virali e acquistano un valore commerciale grazie alla notorietà dei loro autori.

Ma cosa ci possiamo aspettare con le nuove possibilità dettate dalla modifica del Regolamento europeo?

In questi giorni non si fa altro che parlare del  trasferimento di Cristiano Ronaldo dal Real Madrid alla Juventus. Allora, prendiamo proprio lui come esempio.

Tutti gli appassionati di calcio conoscono l’esultanza di CR7 che dopo ogni (tanti) goal segnato esulta con una sfrenata corsa al termine della quale, saltando, apre le braccia ed emette il suo ormai classico urlo “SIII” (che a dirla tutta somiglia più ad un “SUUU“).

Tra i marchi non convenzionali dell’Unione Europea esiste anche il cd marchio multimediale ovvero quel marchio costituito dalla combinazione di immagine e di suono o comprendente tale combinazione. Per rappresentarlo è sufficiente un file audiovisivo contenente la combinazione di immagine e di suono. E allora perché non depositare l’esultanza di Ronaldo come marchio multimediale. Certo il marchio non deve essere un vezzo fine a se stesso, ma deve essere un investimento per il suo titolare, ma perché non valutarne la fattibilità e convenienza.

Oppure perché non pensare alla famosa “musichetta” dell’inno ufficiale della UEFA Champions League come ad un marchio sonoro.  E’ innegabile che sentendola, un appassionato, effettui direttamente il collegamento con la più importante competizione calcistica per club europea.

Come, anticipato, un marchio non è solo una parola o un logo. Detto volgarmente, un marchio è tutto ciò che è in grado di distinguere i propri prodotti/servizi da quelli della concorrenza. Un logo ed una parola, certo, ma anche un colore, un suono, un video, un packaging, una forma e perfino un odore.

Molti sono portati a pensare che ottenere la registrazione di un marchio atipico sia solo un’operazione di marketing o peggio, un pezzo di carta da tenere in archivio. Ma in un epoca in cui internet, i social media e il mondo digitale hanno rivoluzionato il linguaggio della comunicazione e gli strumenti del marketing, siamo proprio sicuri che anche i segni distintivi non siano cambiati?

I marchi atipici o non convenzionali sono un’opportunità per creare un valore aggiunto, un valore che poi potrà essere sviluppato, licenziato o ceduto.

Certo, non tutto ciò che può registrato come marchio (atipico o meno) merita di esserlo. Ma in questo può essere utile essere affiancati da un esperto in proprietà intellettuale che guidi il titolare all’individuazione ed alla valorizzazione dei propri segni distintivi atipici.

In attesa di  scoprire chi sarà il primo sportivo a esplorare nuove frontiere di tutela dei segni distintivi, la prossima volta che gioirete con i vostri beniamini per un goal, un canestro, un punto o una vittoria, ricordatevi che quel gesto potrebbe essere già un marchio registrato.

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