Moda, medicinali, giocattoli, alimenti, dispositivi digitali sono solo alcune delle categorie affette da questo morbo dilagante, che ha ripercussioni in svariati ambiti della società. In primo luogo, costituisce certamente un danno per i consumatori e, in alcuni casi, un pericolo per la loro salute; poi, rappresenta una minaccia per l’economia poiché altera il normale funzionamento del mercato; e ancora, la contraffazione è spesso sostenuta da organizzazioni criminali le cui azioni illecite vengono, dunque, ulteriormente alimentate.
Di che si tratta
Si parla di “infringement” quando un soggetto usa un marchio uguale o confondibile con il marchio di un altro soggetto, per indicare prodotti o servizi identici o simili a quelli coperti dalla registrazione.
Se i prodotti o servizi sono completamente diversi, si può ancora parlare di violazione qualora i marchi registrati godano di rinomanza.
Non è considerato illecito, invece, usare il marchio altrui al fine di descrivere il proprio prodotto o servizio. Tuttavia, non è consentito effettuare accostamenti sfruttando la rinomanza o i pregi del marchio altrui per valorizzare il proprio prodotto, attirando in tal modo il consumatore a scapito del titolare dei diritti.
L’evoluzione del fenomeno
La contraffazione, un tempo tipica solo per beni di lusso, è oggi invece diffusa in tutti i settori. Se prima il consumatore alla ricerca di un certo status sociale da affermare tramite l’uso di determinati prodotti, non potendoseli permettere, si orientava sul mercato dei falsi, oggi nel mare magnum delle piattaforme online egli vive nell’illusione perenne di poter acquistare tutto ciò che desidera, mentre il contraffattore è diventato talmente esperto da riuscire a propinare qualsiasi prodotto quasi allo stesso prezzo dell’originale.
Inoltre, vi è stata una trasformazione anche nei canali di vendita: se nell’immaginario collettivo fino a qualche anno fa, i prodotti contraffatti si vendevano solo presso bancarelle e mercatini, adesso l’offerta di falsi imperversa sul web e si nasconde subdola dietro ogni link sfruttando l’anonimato fittizio, la migliore visibilità e l’immediatezza del metodo di acquisto.
Cosa succede online
Il povero consumatore in stato confusionale dovrà dunque barcamenarsi tra un sito e l’altro alla ricerca di garanzie, di rassicurazioni, di conferme che il prodotto che ha selezionato sia originale.
Per quanto attiene alla sfera online, il brand che vuole tutelarsi può avviare specifici programmi di monitoraggio, sia sui marketplace, vale a dire le più e meno note piattaforme su cui si può acquistare qualsiasi tipo di prodotto con la comodità di un click, sia sui social media, quegli ecosistemi di foto e commenti che si nutrono di like e rappresentano ormai una fetta di mercato crescente. Su questi canali è possibile agire rimuovendo i contenuti in violazione sulla base di diritti registrati.
Nello specifico, è detta cybersquatting o domain squatting l’attività illecita di chi registra nomi a dominio corrispondenti a marchi commerciali altrui o a nomi di personaggi famosi appropriandosene con finalità lucrative, sia legate alla cessione del dominio stesso sia al dirottamento del consumatore. In caso questo succeda, è possibile contrastare questo fenomeno e recuperare il dominio illegalmente registrato con una speciale procedura amministrativa chiamata UDRP (Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy), che rappresenta lo strumento di tutela più adatto per risolvere questo tipo di illeciti.
Naturalmente, la portata della violazione dipende da molti fattori, quali ad esempio la combinazione dei nomi, il logo, la tipologia di prodotto e l’area geografica in cui viene commercializzato.
Strumenti di azione
In un’epoca in cui la reputazione è la chiave fondamentale per il successo, proteggere il proprio brand per evitare di incorrere in questi rischi è molto importante e comincia da un semplice monitoraggio delle parole associabili al brand, per poi intraprendere successive azioni in base ai casi.
Il servizio di sorveglianza marchi consente di essere informati immediatamente nel momento in cui qualcuno prova a registrare un marchio uguale o simile al proprio. La modalità di azione più semplice, rapida e meno dispendiosa in questo caso consiste nel presentare una opposizione alla registrazione, segnalando all’Ufficio marchi di non concedere il marchio richiesto, poiché simile ad un altro precedentemente registrato.
Una volta appurata la presenza di una violazione, ci sono diverse possibili strade da percorrere: si può procedere con l’invio di una lettera di diffida al presunto contraffattore, oppure avviare un’azione legale, ma naturalmente le tempistiche di risoluzione variano in relazione all’approccio prescelto. È importante agire in maniera coordinata a livello globale, per cui avvalersi del supporto di consulenti esperti in strategie anti-contraffazione che abbiano una solida rete di corrispondenti competenti all’estero risulta fondamentale per svolgere indagini accurate, per ovviare a possibili complicazioni linguistiche e far fronte alle difficoltà legate alla cultura e alla specificità degli ordinamenti giuridici nazionali.
Vi sono poi misure più incisive e con effetti più tangibili, che il titolare del marchio violato può richiedere in situazioni in cui sia necessario interrompere urgentemente la condotta illecita del contraffattore: si può allora ricorrere ad un procedimento di descrizione, a un ordine di inibitoria o a un’azione di sequestro.
Un altro strumento per tutelare il proprio marchio è l’attivazione del servizio di sorveglianza doganale : in Italia, è possibile bloccare l’importazione e l’esportazione di beni ritenuti contraffatti presso tutte le frontiere, una volta forniti agli agenti doganali i dettagli utili per distinguere i prodotti contraffatti da quelli originali.
In ogni caso, c’è un solo modo migliore di tutti gli altri per proteggere il proprio marchio: prevenire è sempre meglio che curare o, altrimenti, agire è sempre meglio che trascurare.