Tali norme appaiono ancor più significative se si consideri l’enorme danno che la contraffazione genera: solo per citare un paio di esempi semplici, ma particolarmente incisivi, si stima che ogni cittadino italiano perda ogni anno più di 140 euro (EUIPO 2018) e che oltre 88.000 impiegati in settori danneggiati dai falsi rimangano senza posto di lavoro (OCSE 2019).
In altre parole, la contraffazione crea conseguenze negative sull’intera comunità!
Invero, la classificazione della contraffazione come un illecito amministrativo, nel Decreto Legislativo no. 35/05 sopra citato, descrive in realtà condotte residuali, mentre nel Codice Penale la contraffazione è considerata un reato.
In particolare, più di una fattispecie correlata con la contraffazione è descritta dal Codice Penale, fondata sulla violazione, tra gli altri, dell’interesse pubblico nella certezza dei rapporti giuridici ed economici.
Un’ampia giurisprudenza è scaturita da tale principio al fine di fornire interpretazioni più accurate delle disposizioni penali contro la contraffazione e, di conseguenza, impedire che gli importatori o venditori di prodotti falsi continuino la loro attività illecita correndo il solo rischio di una multa, per quanto astrattamente elevata.
In conclusione, il quadro normativo e punitivo sembra essere correttamente articolato: coloro che acquistano prodotti contraffatti sono responsabili, ad ogni livello, nei confronti della comunità di cui fanno parte. Tuttavia, i dati riportati dimostrano che la deterrenza non è sufficiente a bloccare questo dilagante fenomeno, poiché ci sono in gioco ben altri interessi.
Ritorneremo sull’argomento, continuate a seguirci per saperne di più!