Una delle difese più efficaci contro tale fenomeno è, come spesso accade, la prevenzione. Chiunque voglia intraprendere una attività economica e identificarla con un marchio è opportuno che proceda ad acquistare uno o più nomi a dominio corrispondenti al proprio segno distintivo, possibilmente nelle estensioni più diffuse (“.com” o “.it” per una attività più incentrata al territorio italiano). In tal modo si limita lo spazio di manovra del cybersquatter e si attenuano in radice i rischi del cybersquatting.
Tuttavia, ciò non è sempre possibile. Si pensi all’ipotesi in cui il nome a dominio risulta già registrato da terzi. Oppure il caso in cui l’imprenditore, ancorché particolarmente avveduto da registrare un nome a dominio corrispondente al marchio, si rende conto che un terzo si è registrato e utilizza un nome a dominio simile ma non identico al proprio marchio.
In tali ipotesi di conflitto tra marchio e nome a dominio, il titolare del marchio ha a disposizione numerosi strumenti per tentare di recuperare il nome a dominio abusivamente registrato ed utilizzato.
Il primo è tentare di acquistare il nome a dominio attraverso delle trattative con chi lo ha registrato. Si tratta di un approccio “bonario” e “non conflittuale” che può essere opportuno perseguire nei casi in cui le opzioni “contenziose” hanno poche chance di successo. La nostra esperienza ci mostra come spesso il tentativo di acquisto è dettato da ragioni di budget in quanto esso rappresenta certamente l’opzione meno costosa. Trattative di questo genere presentano dei margini obiettivi di difficoltà ed è opportuno che vengano condotte da soggetti specializzati sia per aumentarne le possibilità di successo sia per evitare il rischio di subire delle truffe (assai elevato quando si parla di nomi a dominio).
Il secondo è invece un approccio di carattere “contenzioso” . Il nostro sistema prevede, in alternativa agli ordinari rimedi giurisdizionali, delle specifiche procedure arbitrali dedicate esclusivamente al recupero dei nomi a dominio. I vantaggi di tali procedure sono sostanzialmente due:
(i) il fattore economico: le procedure di riassegnazione hanno costi molto più contenuti rispetto alle cause;
(ii) il fattore temporale: le procedure di riassegnazione si concludono nell’arco di due mesi mentre nelle cause l’orizzonte temporale è assai più elevato (2-3 anni nei casi migliori).
Lo svantaggio è che i requisiti per ottenere un successo in tali procedure sono molto stringenti e spesso non coincidono con i presupposti con i quali si può ottenere il recupero di un nome a dominio in una causa. In altre parole, è possibile perdere in una procedura di riassegnazione pur essendovi tutti i presupposti giuridici per ottenere il recupero in via giudiziale. Ciò accade perché le normative su cui si basano i due rimedi sono diverse.
Le procedure di riassegnazione sono regolate da un sistema uniforme di regole che muta a seconda dell’estensione del nome a dominio che si intende recuperare. Pertanto le dispute aventi ad oggetto i domini generici (c.d. gTLD e new gTLD) sono disciplinate in modo diverso rispetto ai domini “.eu” i quali sono regolamentati in modo ancora diverso rispetto ai domini “.it”. Queste controversie sono gestite da organismi arbitrali (tra gli altri, WIPO, CAC, ADR Forum; per i “.it”, Camera Arbitrale di Milano, MFSD) e decise da Arbitri esperti in tale settore.
In estrema sintesi, per avviare con successo una procedura di riassegnazione è necessario che:
(i) il nome a dominio sia identico o simile ad un marchio o altro segno distintivo legittimamente detenuto dal Ricorrente;
(ii) il titolare non vanti alcun titolo o interesse legittimo alla registrazione del nome a dominio;
(iii) il titolare abbia registrato e utilizzi il nome a dominio in malafede.
Vista la particolarità delle normative in questione e la loro continua evoluzione è opportuno che il titolare del marchio si rivolga ad esperti del settore prima di avviare una eventuale procedura di riassegnazione.
In alternativa alle procedure di riassegnazione, come anticipato, è possibile avviare contro il cybersquatter un contenzioso ordinario. Ed infatti l’uso nell’attività economica di un nome a dominio può costituire una contraffazione di un marchio ed un atto di concorrenza sleale, ricorrendone ovviamente tutti i presupposti. La via giudiziale può costituire, quando non ricorrono i presupposti per la riassegnazione, l’unico rimedio esperibile. Peraltro, il ricorso alla magistratura ordinaria si rende necessario quando, oltre alla disponibilità del nome a dominio contestato, si intende ottenere il risarcimento del danno.
In definitiva, dunque, le strade per recuperare un nome a dominio sono molteplici. Ognuna di queste opzioni presenta le proprie peculiarità e caratteristiche e scegliere quale sia l’opzione migliore è compito di un professionista esperto del settore.