Tutela del Design nel settore della moda: il caso New Balance vs Golden Goose e il caso Longchamp

Premessa

Nel settore della moda, la tutela del design, soprattutto se “iconico”, rappresenta un vantaggio sui competitor che operano nel medesimo settore ed assume un ruolo fondamentale per proteggere l’originalità e gli investimenti compiuti.

Più un design è originale e famoso e più si sa, rischia di essere oggetto di imitazione.

Pertanto, adottare una strategia efficace di tutela costituisce un obiettivo di primaria importanza, oltre che per prevenire, anche per contrastare la commercializzazione di prodotti imitatori.

Lo sa bene New Balance che ha recentemente intentato una causa nei confronti di Golden Goose per violazione dei propri modelli di “dad shoes” ma che rischia, tuttavia, di vedersi rigettate le proprie domande a fronte della mancata adeguata tutela associata alle proprie popolarissime calzature.

La controversia New Balance vs Golden Goose

New Balance ha citato in giudizio la nota azienda italiana di calzature di lusso Golden Goose presso il tribunale distrettuale del Massachusetts, negli Stati Uniti.

È la sneaker “Dad Star” ad essere al centro della disputa, che Golden Goose ha iniziato a commercializzare a fine del 2021.

New Balance ritiene che la calzatura di Golden Goose costituisca violazione del trade dress che caratterizza le proprie iconiche sneakers 990.

Il trade dress è un istituto di diritto anglosassone definito come un insieme di caratteristiche di un prodotto (come la forma, il colore, il packaging) che rendono il loro aspetto unico. Né la normativa né la giurisprudenza italiana forniscono una definizione di “trade dress”, ma la relativa tutela può essere assimilata a grandi linee alla disciplina sulla concorrenza sleale c.d. confusoria, oltre che a quella sui marchi di forma. È significativo che New Balance non vantasse su tali calzature alcun design registrato e che dunque sia dovuta ricorrere alla tutela non titolata del c.d. trade dress.

La sneaker 990 New Balance, nata più di quaranta anni fa, rappresenta l’originale delle c.d. dad shoes (letteralmente “scarpe da papà”) che si riferiscono a scarpe da ginnastica pratiche e comode, rese popolari in passato dai padri o comunque dagli uomini di mezza età, che le utilizzavano per la vita di tutti i giorni. La tecnologia innovativa e il design l’hanno resa la prima sneaker a costare più di 100 dollari, che ora la sua titolare vende in sei diverse varianti.

La famosa azienda di calzature sportive contesta l’uso da parte di Golden Goose di una serie di elementi estetici simili a quelli che contraddistinguono il modello New Balance 990. In particolare, New Balance ritiene che Golden Goose abbia deliberatamente scelto le tonalità di grigio e il nome “Dad-Star” per creare confusione nella mente dei consumatori, i quali potrebbero associare erroneamente i prodotti della stessa al marchio New Balance.

Golden Goose ha chiesto il rigetto delle domande avversarie, negando che New Balance abbia una registrazione per il proprio trade dress e chiedendo che il tribunale dichiari che New Balance non disponga di validi diritti con riferimento al design delle sneakers 990.

In particolare, secondo Golden Goose, New Balance non avrebbe dimostrato che il trade dress delle proprie calzature abbia acquisito il c.d. secondary meaning (ossia che abbia acquisito una capacità distintiva a seguito dell’uso fattone); inoltre, secondo la stessa, gli elementi rivendicati da New Balance sarebbero elementi generici non proteggibili.

New Balance, in assenza di diritti registrati come il design, dovrà dunque dimostrare che le sneakers 990 hanno acquisito un significativo riconoscimento tra i consumatori attraverso l’uso fatto negli anni, che le caratteristiche rivendicate non sono elementi funzionali e che l’adozione di caratteristiche simili può determinare un rischio di confusione. Tale onere probatorio non sarebbe stato necessario in presenza di un design registrato.

Sulla strategia efficace a tutela del design – il caso Longchamp

Sebbene il caso New Balance/Golden Goose sia ancora in corso, evidenzia quanto sia importante che i brand adottino misure volte ad assicurarsi una solida tutela delle forme estetiche dei propri prodotti di punta, ciò anche e soprattutto al fine di alleggerire l’onere probatorio in caso di contestazioni a terzi.

E infatti alcuni istituti e normative, se da un lato, offrono protezione ai prodotti/opere senza alcuna formalità o necessità di intervento da parte dell’interessato, dall’altro, richiedono di soddisfare determinati requisiti perché trovino applicazione oppure garantiscono tutele minori rispetto a quella accordata dai design/marchi registrati.

Ci si riferisce ad esempio: i) al design non registrato, a cui la normativa europea concede protezione, ma per un massimo di 3 anni invece che di 25 come per il design registrato, oppure ii) alla protezione offerta dalla legge sul diritto d’autore italiana che sorge subito dal momento della creazione dell’opera, senza che sia necessaria alcuna registrazione ma che per beneficiarne richiede di provare il requisito non solo del carattere creativo ma anche del c.d. “valore artistico” o ancora, iii) alla tutela offerta dalle norme sulla concorrenza sleale per imitazione servile, che viene sanzionata solo in quanto idonea a creare confusione con i prodotti del concorrente e per essere invocata richiede di provare la capacità distintiva della forma imitata.

Talvolta può infatti risultare più conveniente considerare altre vie di protezione, più adatte sia alle giurisdizioni vigenti, sia alla natura del bene stesso.

Ad esempio, registrare un design o un marchio a livello comunitario, nazionale o internazionale può rappresentare un’opzione preferibile in quanto:

  • il design/marchio registrato è assistito da presunzione di validità: in caso di contestazioni è il presunto contraffattore che deve dimostrare che il modello/marchio non è valido;
  • assicura un’individuazione immediata del contenuto e della sua datazione;
  • garantisce una tutela più immediata in caso di contraffazione, sia in Italia sia all’estero, rendendo più facile l’ottenimento di provvedimenti giudiziari a carico del contraffattore.

L’essere ricorsi alla tutela offerta dal marchio di forma registrato è risultato ad esempio fondamentale ai fini della recente decisione emessa dal Tribunale di Milano nell’ambito della causa promossa da Longchamp, maison di riferimento nella pelletteria di lusso nata a Parigi oltre settanta anni fa.

In tale caso, la famosa casa di moda francese chiedeva al tribunale meneghino di riconoscere l’illecito di contraffazione del marchio di forma e di concorrenza sleale, nonché la violazione del diritto d’autore da parte di una società che aveva venduto borse quasi identiche a quelle di Longchamp, in particolare identiche alla iconica Le Pliage 1623 Nylon:

Il Giudice ha condannato la società convenuta alla cessazione del commercio, produzione e messa in vendita dei modelli di borsa contestati, confermando che tali articoli costituivano una violazione dei marchi di proprietà di Longchamp, nonché un atto di concorrenza sleale per imitazione servile dei disegni della maison. Il Giudice ha invece respinto la richiesta di protezione del diritto d’autore invocata dall’attrice, ritenendo insussistente il requisito del “valore artistico” (requisito necessario per beneficiare della tutela accordata dalla legge italiana sul diritto d’autore), non avendo Longchamp soddisfatto l’onere della prova necessario.

Tale sentenza dimostra quindi come Longchamp abbia ottenuto un risultato positivo contro il venditore, grazie al fatto di avere tutelato il modello della borsa imitata come marchio di forma registrato.

In altri contesti o in altri paesi, Longchamp avrebbe magari potuto beneficiare della tutela accordata dal diritto d’autore anche solo dimostrando la sussistenza del requisito di originalità.

Proprio come è accaduto ad esempio nel “rivoluzionario” caso Cofemel (C-683/2017) con riferimento al quale la Corte di Giustizia ha appunto escluso il “valore artistico” quale condizione per ottenere che la protezione del diritto d’autore, discostandosi così dall’orientamento dei Giudici di merito italiani.

Il consiglio è dunque quello di rivolgersi a consulenti esperti in materia di Proprietà Intellettuale sin dalla fase di sviluppo di nuovi prodotti per valutare i più opportuni strumenti di tutela, fino all’eventuale fase patologica, per individuare la strategia di contestazione più efficace per ostacolare gli illeciti imitatori a seconda del contesto, oltre che dell’organo giudicante.

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